DISSENSO STORICO
Letture critiche dei microversi poetici nel contemporaneo
Proposta di numero tematico della rivista «Polisemie»
CALL FOR ABSTRACTS
Polisemie accoglie abstract per il numero monografico previsto per il 2026.
Il numero nasce dalla riflessione su quello che T.S. Eliot, nel suo saggio Tradition and the Individual Talent (1919), ha chiamato historical sense, ossia la concezione che ogni poeta deve avere del sistema letterario, passato e presente, in cui è immerso e del posto che occupa al suo interno. Non esiste, tuttavia, una sola Tradizione, ma infinite combinazioni possibili di testi, autori, ed esperienze. Sono queste a definire il soggetto e le modalità con cui egli percepisce il mondo esterno e si relaziona ad esso. In quest’ottica il poeta non eredita la tradizione, né la guadagna per sé con grande fatica, ma la crea.
Il numero raccoglierà saggi dedicati all’esplorazione degli universi letterari possibili generati dai poeti del presente, con lo scopo di ripensare dicotomie quali sistema letterario e soggetto, sincronia e diacronia, realtà e costrutto. Il numero sarà articolato in tre principali aree di approfondimento, descritte di seguito. Per un ulteriore approfondimento sui temi della proposta di ricerca vi invitiamo a leggere il nostro Proto-editoriale.
Aree di approfondimento del numero
- ASSEMBLAMENTI
Questa linea di ricerca si focalizza sulla radice soggettiva e non storico-lineare dei Sistemi Letterari, ossia, delle Tradizioni. Oltrepassando l’epistemologia storicistica e deterministica, si intende stimolare riflessioni su come i poeti dell’iper-contemporaneo costruiscano le proprie traiettorie singolari nella realtà letteraria recente e passata, tradizionale e no. Questa traiettoria invita ad esplorare i processi di selezione dei materiali con cui i poeti entrano in relazione nei processi creativi, acronici e disarticolati dal presupposto di un canone univoco.
Il ruolo e il posizionamento del poeta nel vivo del frangente letterario contemporaneo costituisce il polo di interesse complementare. L’obiettivo è stimolare ricerche che si interroghino su come l’individuo scrivente interpreti la propria postura autoriale e il proprio ‘senso storico’, inteso come coscienza-interpretazione della propria collocazione all’interno del sistema e come questa destabilizzi gli equilibri dei sistemi letterari costituiti.
2. UNIVERSI LINGUISTICI E TECNICHE DI INSERZIONE
Una seconda linea di indagine è dedicata agli strumenti con cui il poeta crea il proprio sistema letterario e la propria poesia al suo interno. In relazione al concetto eliotiano secondo cui la progressione della proposta letteraria modifica il sistema stesso del passato, lo scopo è quello di analizzare come i poeti dell’iper-contemporaneo rielaborino – con la propria proposta – gli elementi stessi del sistema in cui sono immersi. Non, dunque, una focalizzazione sulle tecniche di ‘avanzamento’, ma di relazione contigua – per quanto distorta, disarticolata e singolare – con il contesto precedente, sulla base di una lettura di tali processi come inevitabilmente orientati da motivazioni di riscrittura, mediazione e, in definitiva, incessante metamorfosi.
Di particolare interesse, quindi, sono le modalità di formazione degli universi linguistici dei poeti, intese come il risultato di concrezioni, rielaborazioni e relazioni stabilite all’interno delle singolari costellazioni di rapporto. A differenza di un’analisi storiografica e filologica, uno studio della lingua come espressione concreta di processi associativi unici – singolari, deliberati o alogici – permette da una parte di evitare interpretazioni filogenetiche della lingua poetica, e dall’altra di comprendere come le combinazioni linguistiche creino modalità soggettive uniche. In questa chiave, di particolare interesse sono i fenomeni di plurilinguismo, stratificazione polisemica e moltiplicazione dei registri semantici.
3. STORIA
Nel mondo-testo e nella storia-narrazione, tutti gli eventi sono nodi e tutte le interpretazioni connessioni di un sistema letterario. Un ultimo, distaccato, tema da affrontare è quindi quello della Storia: univoca, immanente, oggettiva, senza bisogno di aggettivi, capace di annientare le possibilità soggettive di significazione. È questo il punto che Elsa Morante evidenzia fin dall’apertura del romanzo La storia, ricordando le parole di un sopravvissuto di Hiroshima: «Non c’è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perché della loro morte».
Se la prima vittima delle guerre è la verità, la seconda è la soggettività: le tragedie subite degli individui diventano numeri, costi scaricabili dai conti in rosso delle spese belliche. L’arte non tarda poi a soccombere. Non è più possibile concepire una letteratura che si sottragga al confronto con la Storia collettiva e le narrative dominanti. Le guerre e i genocidi in corso, la devastante crisi climatica, la minaccia di un conflitto mondiale, e l’ascesa dei nuovi fascismi, impongono la Storia condivisa, che il soggetto non può escludere dal proprio microverso.
Il numero accoglierà articoli che affrontino il senso storico dei soggetti-poeta come interpretazioni della prepotente Storia dalla S maiuscola, approfondendo come gli universi letterari soggettivi vengano contaminati e trasformati da quelli evenemenziali e collettivi, e quale sia il posto che chi decide di scrivere trova per sé stesso.
Modalità di partecipazione
Gli abstract (massimo 250 parole) potranno essere inviati alla mail redazionepolisemie@gmail.com entro il 15 ottobre 2025. Gli autori degli abstract selezionati saranno invitati a sottoporre un articolo (minimo 8.000, massimo 20.000 parole), che sarà valutato secondo l’ordinario processo di revisione della rivista. I manoscritti degli articoli dovranno utilizzare il template, rispettare le norme redazionali, ed essere inviati tramite l’apposita piattaforma digitale di gestione delle submission. L’autore si impegna a partecipare al processo redazionale e a rispettare il calendario della preparazione del numero:
- 15 ottobre 2025: Deadline proposte abstract
- 30 ottobre 2025: Comunicazione dell’esito e invito a presentare gli articoli
- 1° giugno 2026: Consegna articolo
- 15 giugno – 15 settembre 2026: Revisione da parte della redazione e double blind peer review
- 15 settembre – 15 ottobre 2026: Revisione da parte dell’autore
- 15 novembre 2026: Esito valutazione dell’articolo
- Dicembre 2026: Pubblicazione
PROTO-EDITORIALE
OVVERO, UNA PREMESSA TEORICA
- UN CONTESTO
Nel costante sforzo, a cui non ci si può in nessun modo sottrarre, di comprendere il presente (o la sua poesia) è innata la consapevolezza di non poter mai raggiungere risultati che possano aspirare a un grado di accuratezza, o di veridicità, men che meno di oggettività del reale. Come il geografo che decide di mappare il reale con la massima accuratezza possibile produrrebbe una carta che arriverebbe a coprire l’intero globo terracqueo, descrivere la storia produrrebbe più libri di quanti l’umanità ne potrebbe mai leggere, anche nel caso si riuscisse a superare il tedio di una pagina in cui il livello di informazione è completo, una rappresentazione in scala 1:1. Un simile testo rappresenterebbe l’opposto assoluto del testo poetico e della densità del senso che può sostenere.[1]
L’interpretazione del reale, come quella letteraria, che caratterizza e definisce l’individuo che si sforza di mettere insieme i frammenti della percezione, è quello di creare un percorso, selezionare informazioni rilevanti, assemblarle in una configurazione, e dotarla di senso. Questo percorso difficilmente sarà lineare, non solo perché l’individuo-lettore è disorientato in un mondo di stimoli, ma perché bisognerebbe ammettere l’esistenza di direttrici lineari da poter seguire. La selezione e l’assemblamento raramente saranno costanti, il nostro individuo-lettore sarà sempre all’opera nel riassemblare configurazioni, man mano che nuovi stimoli e nuovi testi entrano nel suo sistema. Con le parole di Julia Kristeva:
L’«io» parla-canta il movimento indeciso del suo avvento. La sua geometria, cioè il testo, questo «doppio del vento linguato» raccoglie in una sola sequenza formulata il ritmo e il senso, la presenza cancellata e la presenza ricostruita, mimata, ove scandisce-e-significa la verità della sua produzione e della sua morte […].[2]
Ecco allora che, dai primi decenni della contemporaneità, la poesia ha iniziato a esercitarsi nel superamento dell’espressione dell’io circostanziale come un imbarazzante bagaglio, pesante come una valigia di libri dal medioevo alle atrocità del Novecento. L’individuo ha da allora dovuto rimisurarsi con una nuova modestia ed esercizi di self-effacement.
2. UNA PROSPETTIVA
Anche quest’ultima, naturalmente, non è altro che una fra le tante possibili interpretazioni del presente, che diventano sempre più appiattite su un percorso lineare e semplificato man mano che i dettagli diventano più sfocati dal tempo e più severamente selezionati. Il poeta, il lettore — ma si potrebbe dire: l’essere umano — restano ineluttabilmente soggetti nella loro interpretazione, nella loro riconciliazione di stimoli discordanti, nell’unicità dei loro assemblamenti.
Il micro-verso letterario del poeta determina una geografia che assume valore nella sua arbitrarietà, nel sovvertimento cronologico o in una dimensione a-temporale, nel multilinguismo e nella sovrapposizione semantica, negli scambi di persona e nelle attribuzioni discordanti. In questa operazione, apertamente ispirata ai paradigmi di Bruno Latour, l’individuo (tramite un profondo sforzo intellettuale o nella mera sopravvivenza) deve non solo dare un senso, ma trovare anche un posto per sé stesso. L’osservatore, il lettore, e soprattutto il poeta, così come il critico che intende descriverne i fenomeni, non si trovano mai all’esterno dell’oggetto che osservano: ne costituiscono una parte integrante e negoziano costantemente la loro appartenenza e le relazioni all’interno di questo gruppo.
3. UNA CHIAVE
Studiare i poeti in questa luce ci allontana da una prospettiva puramente intertestuale, dal riesumare la pratica della critica delle fonti, o dal chiedere a un artista a chi si ispiri. Intende, invece, ricostruire il mondo non nella sua esattezza, ma nei suoi significati possibili: questo si esprime esclusivamente attraverso il senso che il poeta dà al proprio universo letterario e le associazioni che integrano l’individuo al suo interno. L’insanabile frattura che Georges Bataille identificava alla base della relazionalità antropica novecentesca, in questa chiave, trova nelle esperienze poetiche più recenti diverse correlazioni oggettive. La «distanza pura» di cui scrive Guido Mazzoni ne La pura superficie, fatta di «pause tra le parole» più che di parole effettive, restituisce così il senso di un’atomizzazione non solo sociale, ma estetica. Per quanto affollata, plurale, allitterativa, quella dei poeti (con Pessoa) è oggi più di ieri una solitudine.
Tutto questo è un modo di rileggere quelle poche pagine che Thomas Stern Eliot scriveva più di un secolo fa nel saggio Tradition and the Individual Talent, con la sua capacità di analizzare il presente con la lucidità di chi ha introiettato il passato e si interroga sulla propria posizione all’interno dell’universo sincronico della letteratura. Il numero monografico che proponiamo prende infatti le mosse dal saggio del 1919: quattro pagine in cui è racchiuso il nocciolo di una moltitudine di discorsi che sono stati esplorati nel Novecento e suonano tutt’ora non solo applicabili ma dotate di quella capacità che permette ai classici di attraversare illesi il tempo.
Nel dire che nessun artista, in nessuna forma d’arte, ha un senso completo se preso singolarmente, e che un’opera d’arte modifica il sistema del passato, Eliot esprime in nuce le premesse dell’Actor-Network Theory di Latour. Il sistema esistente non è un canone fisso, ma il passato è continuamente ridefinito dal presente, non può essere descritto se non descrivendo la creazione e la dissoluzione di relazioni. Con le parole di Andrea Cortellessa: l’Io del poeta è un «Io catalizzatore», un «Io ricettacolo di particelle».[3]
Per converso, questo comporta che il significato di un’opera non risiede nella singola individualità del poeta. Esso si situa invece nella sua facoltà di sublimazione formale del passato e, così, di contribuire al futuro. Viene quindi abbandonata l’idea della soggettività (personale e singolare) quale dominante unica della poiesi verbale. Come secondo la successiva concettualizzazione di Deleuze,
scrivere non è certo imporre una forma (d’espressione) a una materia vissuta. La letteratura si situa piuttosto sul versante dell’informe o dell’incompiutezza […]. Scrivere è una questione in divenire, sempre incompiuto, sempre in fieri, e che travalica qualsiasi materia vivibile o vissuta. È un processo, ossia un passaggio di Vita che attraversa il vivibile e il vissuto.[4]
In aperta contraddizione della matrice soggettivistica romantica, tale prospettiva consente lo scarto dei principi di personalizzazione estetica. I confini dell’Io autoriale non consistono più in argini chiusi — entro i quali avviene un’elaborazione — ma si fanno porosi, permeabili. Nella teoresi eliotiana, come nota Cortellessa, possono così convergere idealmente tanto le prospettive d’avanguardia quanto quelle classiciste, sulla base del comune riconoscimento dell’insufficienza del principio di soggettività come crogiolo creativo monadico. Scrive Eliot: «No poet, no artist of any art, has his complete meaning alone».[5] La genesi dell’opera non è più subordinata e dominata dalla personalità, dal genio artistico. Al contrario, essere poeta richiede di interrogarsi continuamente sul proprio ruolo all’interno del sistema. Questo è per Eliot il senso storico,
a sense of the timeless as well as of the temporal and of the timeless and of the temporal together, is what makes a writer traditional. And it is at the same time what makes a writer more acutely conscious of his place in time, of his own contemporaneity.[6]
La consapevolezza di far parte del sistema comporta per il poeta il riconoscimento di esserne influenzato e, al contempo, di influenzarlo. A un secolo di distanza, possiamo aggiungere che il sistema non è mai un’entità oggettiva, preesistente, ma è creato dal senso storico di ogni individuo.
Naturalmente, condividiamo un medesimo ambiente sociale, condividiamo esperienze, convinzioni, interessi, che accomunano il senso storico di ognuno, e danno quindi un’impressione che un sistema stabilito esista. Ma non solo gli elementi che creano il nostro senso storico saranno inevitabilmente diversi: le relazioni che creiamo e dissolviamo, e soprattutto il posto che sentiamo di occupare, rendono il senso storico del poeta un’impronta digitale in perenne metamorfosi.
4. UNA PROPOSTA
Per lo stesso principio, la tradizione non è mai data e definita una volta per tutte. La sua costruzione non può basarsi unicamente sull’atto volontaristico di un singolo: essa deriva invece dall’interazione continua tra le relazioni esogene ed endogene che i poeti intessono. Concepita in questi termini, la tradizione appare come un tessuto vivo, creato (e non ‘conquistato’) sulla base del principio ineludibile di parzialità dei significati. Le impronte personali dei poeti sono infatti traccia non tanto della propria singolarità, quanto più di una costante interazione. Con Blanchot, potremmo dire, sono traccia di una conversazione senza fine.
«Polisemie» nasce dalla consapevolezza delle complessità di descrivere il presente, della difficoltà non solo di interpretare un testo, ma di capire dove esso si collochi all’interno della tempesta di testi che vengono continuamente prodotti nel ventunesimo secolo. In questo rispetto, risuonano ancora le parole di Eliot: un poeta deve essere consapevole di che posto occupa nell’universo letterario e, per quello che ci riguarda più da vicino, nel sistema della poesia contemporanea in Italia oggi.
Questo numero non intende accogliere una prospettiva storicistica, che descriva in maniera deterministica gli elementi, evenemenziali e letterari, che hanno portato alla creazione del nuovo testo. Vuole invece partire dal poeta, e studiarne l’unicità attraverso la sua personale ricostruzione del mondo letterario, in cui i testi vivono in maniera sincronica e sono ricombinati dal poeta secondo un principio ordinatore unico. Non interessa in questa sede l’accurata descrizione e interpretazione del passato, che si potrebbero rintracciare nei testi del poeta del presente. Ma come il poeta ha rielaborato, anche in modo immaginifico, soggettivo, distorto, gli elementi del sistema in cui è immerso. Ancora con Kristeva, consideriamo infatti l’idea che
Ogni testo letto diventa un pretesto per Poesie: romanzo, poesia, traduzione, eco giornalistica – niente è escluso a priori dal campo poetico, tutto c’entra a condizione di diventare oggetto di trasformazione e di appropriazione.[7]
Il ribaltamento del fuoco, che intende partire dall’individuo per descrivere versioni alternative del mondo, invita ad accompagnare l’analisi dei testi con numerose interviste. Il senso di un numero su questo argomento è infatti la possibilità di intersecare i differenti “sensi storici”, creando così un meta-sistema, un multiverso con zone più o meno dense, con elementi e letture più o meno condivise, più o meno individuali. Ma soprattutto un sistema di interpretazioni più o meno convergenti. Il dissenso tra diverse concezioni e rappresentazioni del sistema letterario.
La speranza è di registrare, come in un quadro cubista, una rappresentazione della poesia del presente, che essendo in costante movimento è impossibile da fotografare. Di entrare nel merito (nel vivo) di quello che Laura Pugno definisce la «percezione dell’insaldatura»:[8] scissione radicale che, nel contemporaneo, separa tanto i corpi testuali quanto i corpi biografici dal canale unico della storia collettiva, creando così delle inedite possibilità di significato e di forma – stratificate in un tempo senza storia, senza più, ormai, necessità di coerenza.
[1] Bruno Latour, Riassemblare il sociale, Milano, Meltemi, 2022.
[2] Julia Kristeva, Materia e senso. pratiche significanti e teoria del linguaggio, trad. di B. Bellotto, D. De Agostini, Torino, Einaudi, 1980, pp. 84–85.
[3] Andrea Cortellessa, Polvere di canone, su Antomie (25/04/2025), https://antinomie.it/index.php/2025/04/25/polvere-di-canone/.
[4] Gilles Deleuze, Critica e clinica, Milano, Raffaello Cortina, 1996, p. 13.
[5] T. S. Eliot, Tradition and the Individual Talent in «The Egoist», Settembre 1919, p. 55.
[6] ibid.
[7] Kristeva, La rivoluzione del linguaggio poetico, pp. 326-327.
[8] Laura Pugno, In territorio selvaggio, Milano, Nottetempo, 2018, p. 78.