Sacha Piersanti è nato nel 1993 a Roma, dove vive e lavora. Dopo la pubblicazione di singole poesie in alcune antologie, esordisce nel 2015 con Pagine in corpo (Empirìa). Nel novembre 2017, in collaborazione con l’attore Emanuele Marchetti, porta in scena alle Officine Pasolini di Roma il progetto teatrale L’ora dell’Alt, ispirato alla poesia di Giorgio Caproni. Del 2018 è la pubblicazione del secondo libri di versi, L’uomo è verticale (Empirìa). Nel marzo 2019 pubblica il saggio Zero, nessuno e centomila. Lo specifico teatrale nell’arte di Renato Zero (Arcana). Attualmente collabora con la rubrica Che teatro fa di Repubblica.it come critico teatrale.
da L’uomo è verticale ( 2018) 1
Lineare B
Non perdermi, rimani,
altro me che fra millenni
mi troverai informe
e forse poco attuale
ma sempre verticale
ma in lineare B.
Non mi capirai
ma giuralo per me,
altro me che ci sarai,
giuralo che anch’io,
altro te che sarò stato,
son passato tra i rottami
del tuo mondo che il tuo mondo
avrà ricostruito.
Saremo faccia a faccia
in spigoli di specchi
saremo l’uno all’altro
dizionario e testo a fronte.
*
2
Anche le calamite dal frigo cadranno
quando avaro di terra il magnete
si lascerà attraversare da dio.
È forza che aggrega parola
falce che asciuga, l’azione.
Accumuliamo ricordi promesse lettere inviti
piogge bicchieri cincin e cinture
c’intarsiamo d’intonaci
intrappolati
in qualcosa che dovrà venire.
Ma non è adesso il domani di ieri?
Stiamo tutti sempre tutti
continuamente tutti e sempre
per morire, e io ti amo
mio Limite santo
di cellule e cellulosa mio d’io
che senza te davvero
non saprei come fare
a essere umano e d’amore.
*
3
E l’attraverseremo insieme
un giorno non segnato
sul calendario: l’ottavo
della settimana, il varco
che ora ci spaventa,
passeremo
tra le ali della folla
che ora ci sta addosso
senza mai toccarci.
Impareremo a essere noi due,
in due soltanto senza
il mio bisogno d’estirparmi
da te che imparerai,
in due soltanto senza
il tuo bisogno di cercarti.
Ci ritroveremo
a chiederci com’era
contare il tempo,
affrettarci a computare
il peso dell’anima e del corpo,
la smetteremo
quel giorno, il trentadue
del mese tredicesimo,
di scalfire bordi
attorno all’esistenza,
di sarchiare il cielo
perché si faccia chiaro,
di tracciare linee
d’umana comprensione.
Sarà la ricorrenza
di nessuna ricorrenza,
quando capiremo
che inventiamo la memoria
per non volerci anomalie
intermittenti nella storia.