Giacomo Cucugliato, X Da Anticamera del fuoco, Fallone editore, 2021

Astemio fino alla trama delle tue perfidie cielo
l’arranco del perdono
mio a me stesso
] immolo
fuoco da terga spaccia lo spazio della nebbia
formosa: gengiva onirica
o dentata
abbraccia l’istmo del viale appena scorso

è inondazione – genuflessione di spettri
cosa che valica la sonda nella bocca
il nostro piede
che si attarda

] la marcia degli incompiuti [

sulla china senza memoria e fiato la casa can-
toniera
ha percosso ricordi

di te, madre,


 Anticamera del fuoco, opera prima di Giacomo Cucugliato, esce nel 2021 per Fallone Editore. Conta dodici poesie al suo interno: una plaquette, più che una raccolta. Ma che cos’è, in fondo, una raccolta? Anche solo di questo si potrebbe dibattere molto a lungo, si potrebbero adottare i paradigmi critici e filosofici più svariati, si potrebbe tirare in ballo la sociologia, l’estetica, la religione. Questa tensione, anche se solo potenziale e inespressa, sembra intercettata da Anticamera del fuoco con attitudine parabolica: Cucugliato ammette nel suo spazio lirico una crisi continua, ramificata come le crepe infinite tra i sampietrini di una piazza romana. Le sue dodici poesie sono infatti una lente d’ingrandimento puntata su un tableau isterico immane. Cucugliato non riduce, ma si spinge fin dove concede l’ordine delle sue capacità empiriche. È quasi classica, in questo senso, la sua scrittura: la poesia di un artigiano del sentire, che rispetta le tappe del dolore come venature da seguire. X è così collocata in un ordine numerico – è al suo posto, sembra dichiarare l’autore. Risponde all’appello. 

Si apre con una finestra sul suo sentire interiorizzato: “Astemio” dichiara l’autore. La prima cosa è sé stesso, il resto è nello spazio di sé stesso. Alterna versi lunghi e brevissimi, grafie corrette ed errori conservati in un’orchestrazione che non sa di ricerca, quando più di accadimento. Non il delirio di un autore inconsapevole, ma l’atto di cura – ancora – di un artigiano che compone le schegge, gli scarti, le parentesi al contrario, gli a capo sbagliati, le espressioni apodittiche. Decomprime così una tensione che si farebbe insopportabile, altrimenti: la “la marcia degli incompiuti”, la “genuflessione di spettri”, la “china senza memoria e fiato” e la “trama delle tue perfidie” sono spogliate dal pericolo di pesantezze manieristiche, insincere. Eccede, forse, nel richiudersi nella stanza del suo stesso stile, senza mai però giungere all’autoreferenzialità. È una stanza nuova, quella di Cucugliato, che imbianca secondo il sentire – calcando il tratto, dando mani pesanti, ma giuste. Lo seguiremo con attenzione, nell’attesa. 

Giacomo Cucugliato, X Da Anticamera del fuoco, Fallone editore, 2021